sabato 22 gennaio 2005

Giù il cappello. A cilindro

La giovane canzone d’autore italiana si agita ancora. E si evolve. Affacciandosi sui binari di una contaminazione che, magari, allarga progressivamente i propri orizzonti. Spiando, perchè no, soluzioni nuove e percorribili. E, ovviamente, cercando il punto di incontro tra note e parole, tra testo e spartito. Il cantautorato, cioè, resiste tuttora: ramificandosi. E fornendo più o meno puntualmente nomi e cognomi da scoprire. Purchè ci si doti di volontà e pazienza: in quanto la ricerca è ostica. E perchè i germi dell’appiattimento (culturale, artistico, musicale, sociale, intellettuale: fate voi) contagiano organizzatori e pubblico. Oggi come ieri. O, forse, oggi più di ieri. E purchè emerga l’esigenza di offrire un prodotto sempre stimolante, anche se sconosciuto sulle piazze in cui si opera.
Popularia, in questi concetti, ci crede da un po’ e continua a crederci: con non poche difficoltà da oltrevarcare. Appoggiandosi (anzi, sorreggendosi) sulla forza imprenditoriale di Mario Pagliara e sulla buona reputazione musicale assorbita nel tempo dall’Osteria Vecchie Storie di Lizzano. Dove, all’interno della rassegna Strane Storie, a metà gennaio, il Cappello a Cilindro – band laziale emergente – ha spiegato e presentato le proprie idee e il proprio sound. Un sound, peraltro, impastato di ritmo e di senso della comunicazione, elementi concentrati in un live pieno, ma anche snodatosi con facilità.
Musica d’autore, dunque. Interpretata con brio e cavalcata dai fiati, talvolta balcaneggianti, talvolta semplicemente spumeggianti, assai spesso consacrati alle sonorità dello ska. Musica d’autore misurata dall’ironia e temperata da testi non eccessivamente inquietanti e niente affatto ermetici o socialmente ponderosi. L’ottetto dei Castelli Romani (Emanuele Colandrea: voce, chitarra e, all’occorrenza, percussioni; Matteo Scannicchio: tastiere e fisarmonica; Santi Romano: basso elettrico; Corrado Maria De Santis: chitarra elettrica; Fabrizio Colella: batteria; Simone Nanni: tromba e flicorno; Carmine Pagano: trombone; Augusto Pallocca: sassofono) trasmette, in realtà, pensieri di quotidiana esistenza, dotandoli di effervescenza e leggerezza. Irrorando il concerto di un soddisfacente quoziente di maturità musicale e di una spontanea esplosività.
«Evidentemente, c’è ancora qualcosa di nuovo da dire, nel panorama della musica italiana»: parole di Roberto D’Ostuni, che con Massimo Raho cura la direzione artistica del cartellone Strane Storie. Parole buone a riassumere un’ora e mezza di musica frizzante, ricca di note e arrangiamenti, in qualche frangente persino caposseleggiante (in occasione di "Ultimo Waltzer" e di "Mal di Schiena", ad esempio), in cui la formazione del Cappello a Cilindro ha pure colto l’opportunità di pubblicizzare «Poeticherie», la sua prima fatica discografica (sia detto: il disco è assai più misurato del live) generata nel duemilaquattro. Che si propone di precedere ulteriori intuizioni godibili e felici.

Il Cappello a Cilindro (Emanuele Colandrea: voce, chitarra e percussioni; Matteo Scannicchio: tastiere e fisarmonica; Santi Romano: basso elettrico; Corrado Maria De Santis: chitarra elettrica; Fabrizio Colella: batteria; Simone Nanni: tromba e flicorno; Carmine Pagano: trombone; Augusto Pallocca: sassofono)

Lizzano (TA), Osteria Vecchie Storie

Popularia 2005

(pubblicato dal mensile "Pigreco")