domenica 30 marzo 2008

Dischi - Cantinaria (Cantinaria)

Certe volte, basta la comunicazione. Un contatto, un semplice contatto. Sufficiente per scoprire che ampliare un progetto più o meno intimamente segreto si può. Un progetto quasi inconfessabile, soltanto accarezzato dalle intenzioni. Sufficiente per armarsi e partire. In questo caso, per incidere un disco. «La Sana Records di Milano, un’associazione-etichetta impegnata da anni sul territorio nazionale nella promozione e nella sensibilizzazione di progetti emergenti nati attorno alla cultura popolare, mi contattò per una co-produzione: cioè quello che, per tanto tempo, ho cercato. A volte, invano. La proposta, peraltro, si è rivelata interessante, credo per entrambe le parti: e così è iniziato questo rapporto di collaborazione che, intanto, è un’esperienza da poter raccontare». Davide Berardi, musicista crispianese e leader indiscusso dei Cantinaria, ripercorre la gestazione dell’omonimo disco prodotto con Gianfranco Berardi e distributo da Venus, commercializzato dall’inizio di quest’anno e ampiamente divulgato dal circuito di Radio Popolare. «Le dieci tracce – continua - raccontano questi anni di crescita, di lavoro, di qualche sacrificio e, soprattutto, di vita. Dieci tracce per partire verso una nuova avventura. L’idea del disco è nata proprio dopo quel contatto stabilito con la Sama Records, mentre il gruppo di lavoro era in studio di registrazione per partorire un demo».Dieci tracce che, private di un intermezzo ironico non musicato (il “Saluto del Sindaco Ricky Mandorla”), diventano nove: tutte musicalmente ben strutturate, fresche, vivaci. Pitturate dal dialetto che si stempara nell’idioma nazionale e puntellate da testi (originali, come gli spartiti, del resto) che accerchiano temi semplici e comuni. «Mi è piaciuto parlare, innanzi tutto, di amore e di unità, ma anche di queegli aspetti quotidiani che non sempre si sviluppano come dovrebbero. “Semb Povr”, invece, è un omaggio a Matteo Salvatore». «Cantinaria», però, non è cantautorato nell’accezione classica del termine: è, piuttosto, musica popolare trasferita ai giorni nostri, trasportata da una dimensione (quella tradizionale, più ruspante) a un’altra (quella più complessa di questi anni ardui). Consapevole del mutamento delle situazioni, della mentalità, dei punti di riferimento sociali. Ma misurata con toni anche goliardici: perchè, appunto, sempre di musica popolare si tratta. «Del resto – puntaualizza Davide Berardi - è durissimo creare uno stile proprio. Perciò, nel frattempo, mi sono ispirato al cantautorato italiano, ma anche ai cantastorie pugliesi e alla tradizione popolare campana e garganica. Attingendo idealmente a Modugno, De Andrè, Sacco e Salvatore». Il progetto, dicevamo, non fiorisce all’improvviso. «Il cd, infatti, porta il nome di quello che era il nostro gruppo, alle origini. Parlo del 2002: fu allora che cominciai con i miei amici a suonare in una cantina. E, comunque, il termine è da intendersi in un duplice significato: “della cantina” e “dalla cantina”. Nel primo caso, è qualcosa che riguarda il genere; nel secondo traspare l’intenzione di ricordare da dove siamo partiti. Il sottoscritto, il batterista Cisky Chiarelli, il pianista Lorenzo Semeraro, il bassista Dany Colucci e il violinista Mimmo Quaranta. In corso di incisione dell’album, tuttavia, hanno offerto il proprio apporto anche Antonello D’Urso alla chitarra, Giancarlo Pagliara e Vito Santoro alla fisarmonica, Antonio Vinci al basso e Tanya Pugliese, che ha prestato la voce. Così come non vanno dimenticate le incursioni umoristiche di Gaetano Colella. Al di là di tutto, però, nel corso di questi anni, grazie a questa esperienza, ognuno di noi ha potuto capire la propria strada, i propri interessi, il proprio stile».

Cantinaria (Sama Records, 2008)
Davide Berardi (voce) & Cantinaria (Tanya Pugliese: voce; Lorenzo Semeraro: piano; Dany Colucci: basso; Antonio Vinci: basso; Mimmo Quaranta: violino; Antonello D’Urso: chitarra; Giancarlo Pagliara: fisarmonica; Vito Santoro: fisarmonica, Antonio Vinci basso; Cisky Chiarelli: batteria)

(pubblicato sul sito www.levignepiene.com)

giovedì 13 marzo 2008

Paola Arnesano canta Peggy

L'eleganza, il garbo e l'arte di Peggy Lee. In un disco. E' il tributo personale di Paola Arnesano a una delle voci più belle, intense e raffinate del panorama jazzistico del secolo appena fuggito. A una protagonista assoluta. A un'artista completa. E' una testimonianza che, materialmente, ancora non c'è: ma che è già stata incisa nello studio di registrazione e che verrà partorita dalla YVP, l'etichetta tedesca che, con la vocalist barese, ha consolidato nel tempo un rapporto di stima, fiducia e collaborazione proficua. In attesa del disco, però, Paola Arnesano presenta il progetto a Gioia del Colle, tra le mura della rassegna «Enarmonie», curata dall'associazione "La Fenice". Consegnandoci un live ben strutturato di un'ora e tre quarti, condotto con l'abituale personalità al fianco di un quartetto di esperienza collaudata (Guido Di Leone alla chitarra, l'olandese Barend Middelhoff al sassofono, Maurizio Quintavalle al contrabbasso, il torinese Alessandro Minetto alla batteria). Malgrado l'evidente zoppia maturata a seguito di un banale incidente domestico. Che, tuttavia, non può scalfire né l'idea (la passione di Paola per Norma Deloris Egstom detta Peggy Lee è datata, oltre che assolutamente sincera), né l'esibizione: fresca, agile, efficace, per niente didascalica. Convinta e convincente. Dove l'Arnesano attraversa per intero l'opera della cantante e della compositrice statunitense, ma anche del personaggio Peggy Lee, manager di se stessa, attenta (anzi, maniacale) nella cura del particolare, nella rincorsa alla consacrazione, nei gesti quotidiani del palcoscenico, nel perfezionamento delle movenze, della postura, della mimica. Regalandoci un concerto vivo, ricco di modulazioni della voce, di intuizioni felici. «Peggy Lee, sin da sùbito, è stata una delle interpreti che più hanno influenzato la mia vocazione musicale. Lo swing di questa donna bionda e bianca che la colloca a stretto contatto con le voci nere che hanno costruito la storia del jazz mi ha contagiato immediatamente. Il mio omaggio è sentito e doveroso. Il disco, invece, non tarderà ad essere definito». Paola Arnesano canta e rivela tutta la sua versatilità, firmando gli arrangiamenti di ogni singolo brano. Poi, il quartetto di Guido Di Leone (dal vivo, tuttavia, appare il pugliesissimo Quintavalle in luogo del contrabbassista ufficiale, Paolo Benedettini) cuce la trama, offre la sponda. Confermando le belle parole scritte, lette e ascoltate dopo la pubblicazione del primo lavoro discografico («Walking in Ahead»), al quale - proprio di questi tempi - si è aggiunto «Blue Night», secondo album uscito per l'etichetta Philology Jazz e in fase di promozione e commercializzazione. A proposito: «Blue Night» è una raccolta di nove tracce, tratte in parte dal bagaglio musicale di Wes Montgomery ("Double Deal"), Gershwin ("Fascinating Rhythm"), Karl Suessdorf ("Moonlight in Vermont"), María Grever ("Wht a Difference a Day Made") e del brasiliano Ary Barroso (la leggendaria "Bahia"), ma anche frutto della produzione personale dello stesso Guido Di Leone (la bellissima "Blue Night", "Mad Blues", "L'Ultimo Valzer" e "Another's Wonderful"). L'omaggio a Peggy Lee, peraltro, si ritaglia una finestra: tra il pubblico del Teatro Rossini c'è anche Michele Hendricks, voce black d'impatto e suggestione, ospite del quartetto per un paio di appuntamenti pugliesi. La figlia di Jon Hendricks (proprio lui, il custode del "vocalese" e vincitore di sette Grammy Award), invitata sul palco, si alza e offre momenti di scat pulitissimo e improvvisazione espressiva, duettando con Paola Arnesano. Ottima proposta. Nel segno dell'eleganza, del garbo. Nel segno dell'arte di Peggy Lee.

Paola Arnesano (voce), Guido Di Leone (chitarra), Barend Middelhoff (sassofono), Maurizio Quintavalle (contrabbasso) & Alssandro Minetto (batteria)
Gioia del Colle (BA), Teatro Rossini
Enarmonie

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)