sabato 26 aprile 2008

Il Brasile di Barbara Casini

Immaginate il Brasile, quegli otto milioni e mezzo di chilometri quadrati di terra, di conflitti sociali, di passioni smisurate e anche di amore per la musica. Che può chiamarsi samba o forró, xote o maxixe, baião o frevo, pagode o MPB, cioè tutto quello che non è compreso nelle altre dizioni. Immaginate l’orgoglio della gente di quel posto per la propria identità culturale che pure l’appiattimento globale cerca di insidiare: riuscendoci abbastanza. E immaginate la quantità di note esportate o riproposte per esclusivo uso interno. Che, da sole, bastano e avanzano. Immaginate, poi, la storia della Musica Popular Brasileira. I suoi volti, la sua tradizione. E i suoi miti. Pensate, infine, a quanto possa essere difficile, per chi non è brasiliano, entrare nel meccanismo nazionale e, anzi, insediarvisi con naturalezza. Malgrado proprio gli artisti brasiliani, da sempre, siano quelli geneticamente meglio disposti a confrontarsi oltre confine, oppure entro i propri, con espressioni di altre culture e diverse latitudini. Traducendo, immaginate quanto possa essere improbabile proporre musica brasiliana in Brasile arrivando – magari – dall’Europa. Esprimendosi, ovviamente, in portoghese. Eppure, ultimamente, è accaduto. Con ottimi risultati, ci dicono le cronache. Barbara Casini, psicologa mancata e vocalist fiorentina di solido retroterra jazzistico (la collaborazione con Nicola Stilo, ad esempio, è antica; quella con Enrico Rava si rivelò preziosa e formativa; quella con Bollani è ancora attuale; quella con Bosso è il presente e il futuro assai prossimo) ama il Brasile. E non da pochi mesi. Anzi, il legame è sufficientemente datato: diciamo trent’anni, o poco meno. E pure saldo. Tanto da essersi sensibilmente avvicinata prima agli autori più prestigiosi della MPB (Buarque, Veloso, Lobo, Jobim: quattro nomi che, ovviamente, ne nascondono altri) e, sùbito dopo, all’idioma lusobrasiliano. Giostrando tra vinili e vocabolario, tra grammatica e viaggi al di là dell’oceano. Inventandosi, nel tempo, una decina di dischi, tra cui un tributo dedicato a Caetano Veloso («Uma Voz Para Caetano», Philology, 2003), un altro al lavoro raffinato di Chico Buarque de Hollanda, uno all’universo della musica del nordest («Nordestina») e un omaggio sonoro ad Elis Regina («Uragano Elis», Via Veneto Jazz, 2004), la voce più amata del Brasile, prematuramente scomparsa nel 1982. Elis, cioè la «voce per la quale continuo a scrivere canzoni»: parole di Milton Nascimento, non di un artista qualunque. Fatiche discografiche ampiamente pubblicizzate in Italia e, quindi, coraggiosamente presentate (è storia degli ultimi tempi) anche in Brasile. Dove l’accoglienza (al “Tom Jazz” di São Paulo e al “Mistura Fina” di Rio) si è scoperta vivace. Suffragata, cioè, da partecipazione (del pubblico) e apprezzamento (della critica). Piovuti prima di concedersi una divagazione sulla musica panamericana di radice popolare (progetto intrapreso con Javier Giotto e Natalio Luís Mangalavite) e una parentesi su quella francese: la riscoperta dell’opera di Charles Trenet è condivisa con Fabrizio Bosso, Ares Tavolazzi e Pietro Lussu. Ecco Barbara Casini. Ecco la sua passione, la sua musica. Riproposte dal vivo al Petra Live Club di Ceglie Messapica. Dove l’artista fiorentina, con la chitarra e con la voce, attraversa qualche punto essenziale del percorso artistico di Caetano Veloso (“Saudosismo”, “Para Ninguém” e “Os Passistas”), Gilberto Gil (“Eu Vim da Bahia” e “Febril”), Tom Jobim (“Outra Vez”, “Aguas de Marco”), Vinícius De Moraes (Eu Sei Que Vou Te Amar”), Ary Barroso (“A Baixa do Sapateiro”), Edu Lobo (“Ponteio”) e del cià citato Buarque ( “O Meu Guri”, “O Funcionário a Dançarina”, “Tatuagem”, “O Meu Amor”, “O Futebol” e “Vai Trabalhar, Vagabundo”). Ritagliandosi, tuttavia, un momento di sola voce surdo per la nordestina “Marambaia” e un angolo di musica italiana (ci piace sottolineare la versione di “Estate”, che segue “Angelo”, incisa nel duemila con Rava e Bollani, e l’inedita “Per Cena”, una produzione propria). «Una scaletta – rivela – partorita senza un preciso filo conduttore, ma seguendo l’istinto del momento, cercando di raggruppare i brani per autore». Senza mai rinunciare, aggiungiamo, alla cura del particolare. E attigendo compiutamente dal bagaglio dell’eleganza. Provando a creare un’atmosfera intima, quasi confidenziale: se non altro, con metà della platea, quella più attenta ed educata. Ma il malessere (per chi si esibisce e per chi vuole ascoltare) è ormai antico. E non sappiamo quanto risolvibile. Particolarmente indisponente in una location come quella cegliese: ovvero un club aperto esclusivamente in occasione dei live. E, dunque, espressamente pensato per la fruizione musicale.

Barbara Casini (voce e chitarra)

Ceglie Messapica (BR), Petra Live Club

(pubblicato sul sito www.levignepiene.com)

sabato 19 aprile 2008

Quarant'anni di musica. Senza sentirli

Patty Pravo accompagna i suoi primi sessant’anni con grazia e mestiere. Con la sua eleganza mai inamidata. Con un look giovane e ancora aggressivo. Con una voce sempre sensuale. E con quell’inflessione un po’ nordica e algida. Snodata, più che vagamente rockettara, esuberante quando serve. Cioè quando va shakerato il rapporto (abbastanza confidenziale) con il suo pubblico. Con il quale sa creare complicità. Nicoletta Strambelli da Venezia è giovanile e ancora visibilmente virtuosa. Perché si concede alla gente, con grinta e una buona dose di passione. Che la platea capta e gradisce. Le parole, magari, sono di pura circostanza, propedeutiche allo sviluppo del concerto, leggere e un po’ frivole: ma, sul palco, le note e i testi partono, procedono ed arrivano. Senza intralci. Non solo approccio e atteggiamento, però: a sessant’anni (appena) compiuti, Patty Pravo è un’artista che possiede ancora qualcosa da dire e molto da offrire. Per quella sua carica positiva, per quell’abilità di resistere a quarant’anni di musica, sempre guidata sul filo del buon gusto. E, comunque, sempre viva. Il live presentato al “Nuovo” di Martina, peraltro, ribadisce i concetti, preoccupandosi poi di inseguire i dettagli della carriera della ragazza del Piper. Le canzoni che ne hanno, nel tempo, segnato il percorso artistico ci sono tutte, nessuna esclusa: a cominciare da “Pensiero Stupendo”, un tributo personale di Ivano Fossati e Oscar Prudente, “Pazza Idea”, pietra miliare della produzione italiana degli anni settanta, e “La Bambola”. Ma ci sono anche “Ragazzo Triste”, che è poi il primo singolo registrato, nel 1966, le più recenti “Les Etrangers”, “Bisanzio”, tratta dall’album «Oltre l’Eden», e “Tristezza Moderna”. E poi, ancora, “E Dimmi Che Non Vuoi Morire” di Vasco Rossi, oppure “Se Perdo Te”, affianco alle quali si affacciano la versione di un’altra produzione di Fossati come “Angelus” e la battistiana “Io Ti Venderei”, ritoccata nel ritmo e negli arrangiamenti.A sessant’anni, intanto, Patty Pravo può permettersi pure l’ironia («con la scusa del compleanno, mi hanno fatto diventare santa», confida) e molti slanci, anche squisitamente fisici. Puntualmente assecondati dagli uomini della sua band, che persegue tonalità sempre robuste: Gabriele Bolognesi (ai sassofoni, al flauto e alle percussioni) e Alberto Clementi (alle chitarre) su tutti. Con i quali cooperano il batterista Massimiliano Agati, il chitarrista Edoardo Massimi, Giovanni Boscariol (piano e tastiere) e Adriano Logiudice (basso e contrabbasso). Slanci che non mancano di solleticare il giudizio della gente, sotto il palco: «Afrodisiaca», grida qualcuno. «E’ meraviglioso», ribatte lei, effervescente nello spolverino giallo e nei pantaloni di pelle, neri. O nella tunica bianca, con cui affronta il bis, composizione dal sapore di fiaba. Perché, di una fiaba, talvolta c’è bisogno. Così come necessita, sottolinea, «di tirare un po’ su le maniche». Frase aperta a troppe sfumature, che plana alla fine della serata, dai toni persino familiari. Serata di vecchi successi, di desideri incrollabili, di energia e sinergia, tra amici antichi. Il modo migliore di festeggiare sessant’anni. Quaranta dei quali spesi attorno alla musica.

Patty Pravo (voce), Gabriele Bolognesi (sassofoni, flauto e percussioni) , Alberto Clementi (chitarre), Edoardo Massimi (chitarre), Giovanni Boscariol (piano e tastiere), Adriano Logiudice (basso e contrabbasso) & Massimiliano Agati (batteria)
Martina Franca (TA), Cineteatro “Nuovo”

(pubblicato sul sito www.levignepiene.com)

martedì 15 aprile 2008

Dischi - Songs (Vincenzo Mastropirro Ensemble)

«Per quanto mi riguarda, ritengo faro ispiratore di questo progetto l’indimenticabile Fabrizio De Andrè, a cui è espressamente dedicato il lavoro. “Songs”, infatti, è la sintesi tra la poesia di Vittorino Curci e la mia musica colta-popolare-improvvisata, dove ho cercato di trovare il giusto equilibrio formale tra il testo e la musica. Il mio auspicio è quello di aver composto un lavoro che possa aver incontratio, almeno in parte, la sensibilità poetico.-musicale del grande Fabrizio De Andrè». Note di copertina come un manifesto programmatico. Dietro le quali si condensano un’intuizione, un percorso. Tra le quali si snodano esperienze, orientamenti, alleanze artistiche, complicità sonore. Sotto le quali cova il fuoco sacro della sinergia che abbatte la barriera dei vincoli musicali. Attorno alle quali danzano le parole del poeta, gli spartiti più classici, gli arrangiamenti più avanzati, la voce del contralto, il tessuto armonico del quintetto d’archi, le acrobazie dei fiati, la radice popolare della fisarmonica e l’arte dell’incontro. Tra un’orchestra e gli ospiti da accogliere, tra un solido bagaglio culturale e la contaminazione. Il progetto, appunto, si chiama “Songs”. “Canzoni”: così, semplicemente. Il suo regista è Vincenzo Mastropirro, flautista ruvese che circumnaviga la musica, senza stopparsi di fronte alla sua provenienza, né al suo indirizzo. Cioè autore di ciascuna composizione (sono dieci) del disco commercializzato alla fine dello scorso anno dall’etichetta Terre Sonore, nonchè direttore del Mastropirro Ermitage Ensemble, gruppo che fonde la chitarra di Antonino Maddonni, il piano di Antonio Piccialli, il basso elettrico di Paolo Montaruli, la batteria e le percussioni di Tonino Dambrosio, la viola di Flavio Maddonni e quella di Francesco Capuano, i violini di Giuseppe Amatulli e Rita Iacobelli e il violoncello di Elia Ranieri. La voce, invece, è Patrizia Nasini, artista particolarmente vicina a Giovanna Marini, di estrazione popolare (qualcuno ricorderà che debutta con il Canzoniere Internazionale, a metà degli anni settanta). E, poi, ci sono le liriche di Vittorino Curci da Noci, un amabile incrocio tra un poeta, un sassofonista e un politico fuori dagli schemi e dagli schieramenti, uomo di garbo e di sensibilità che riesce a coniugare il gusto per i versi (le sue pubblicazioni sono sufficientemente frequenti) e l’attività di assessore regionale alla Cultura. Curci, peraltro, è uno dei musicisti al sèguito dell’Ermitage Ensemble. Che si arricchisce della presenza di Gianni Coscia (alla fisarmonica) e di Roberto Ottaviano (al sax soprano: e il suo contributo si sente, per intero).L’articolazione – spesso complessa - della struttura musicale dell’album (registrato dal vivo, in un’esibizione consumatasi al “Curci” di Barletta, sette anni addietro) lo rende sempre solido, robusto, originale. Talvolta vibrante: è il caso di “Amore, Non Bevo Più i Veleni”, una delle tracce più sapide. “Songs”, intanto, vive sull’onda delle emozioni, sul filo degli assoli, ma si appoggia sulla cooperazione, sulla varietà dei toni. E, perché no, sulle evoluzioni delle immagini, ricche e insistenti. E, qualche volta, felicemente barocche. Non è un lavoro unicamente colto, però: perché la matrice popolare resta sempre presente, viva. Senza, tuttavia, mai impossessarsi né degli spartiti, né degli esecutori. E non è, probabilmente, neppure un disco di impatto immediato, per chi non è abituato alla mescita di sonorità e di situazioni: nonostante possieda una sua leggerezza sostanziale. Cioè, non pesa all’ascolto. Lasciandosi inseguire. E apprezzare.

Songs (Terre Sommerse, 2007)
Patrizia Nasini (voce), Gianni Coscia (fisarmonica), Roberto Ottaviano (sax soprano), Vittorino Curci (sax alto) & il Mastropirro Ermitage Ensemble diretto da Vincenzo Mastropirro

(pubblicato sul sito www.levignepiene.com)