venerdì 26 giugno 2009

Bari in Jazz, tra sacro e profano

Cinque voci, un contrabbasso e percussioni discrete. Bari in Jazz 2009 si presenta così, esplorando il progetto di Gianna Montecalvo e Lisa Manosperti, due signore della musica pugliese, della rampante Rossella Antonacci, di Stefano Luigi Mangia e di Giorgio Valerio, sostenuti dalle note di Pasquale Gadaleta e Maurizio Lampugnani. Progetto di respiro ampio, commissionato e sviluppato espressamente per il festival, “Sussurri” è vocalità senza tempo e senza confini, che sa attingere senza remore da diverse esperienze, prelevando qualcosa nel giardino di differenti stili e autori (da Rachmaninov ai Nirvana, per intenderci). Giocando, all’interno della navata unica della Chiesa di Sant’Anna, con leggerezza tra i sentieri dell’improvvisazione, della manipolazione musicale e, perché no, dell’ironia. Sùbito dopo, invece, nel chiuso dell’Auditorium della Vallisa (il tempo è capriccioso ed è meglio non rischiare: la location inizialmente approntata, quella del cortile del Castello Svevo, è bypassata per cause di forza maggiore), il quartetto del trombettista beneventano Luca Aquino (con lui Marco Bardoscia al contrabbasso, Giovanni Francesca alla chitarra elettrica e Gianluca Brugnano alla batteria) presenta Lunaria, lavorazione discografica spesso energica, ma dotata di ampi recinti dedicati all’atmosfera, che si regge sul concetto di jazz moderno, dove certi impulsi rockettari, sonorità talvolta ponderose e l’elettronica si ritagliano agiatamente il proprio spazio.
La prima giornata della rassegna ideato da Roberto Ottaviano e gestita dal Centro Interculturale Abusuan conforta dunque le attese e ribadisce la linea programmatica dell’appuntamento barese, che non si accontenta di veleggiare dentro e attorno al jazz, ma che – da sempre – cerca di vivere la musica con genuina curiosità e profondo rispetto per le tematiche che può liberare. Provando, magari, ad ereditare – come puntualizza il direttore artistico del festival – il percorso e le intenzioni di due ormai dispersi contenitori di assoluto riferimento per la realtà pugliese come il Talos di Ruvo e l’Europa Jazz Festival di Noci. «Bari in Jazz – continua Ottaviano – è un progetto che avanza, malgrado la quinta edizione non possa considerarsi un traguardo particolarmente significativo. Avanza perché ci sostengono l’energia attiva di diverse componenti che collaborano e, soprattutto, la riflessione e i frequenti confronti di opinione che ci spingono ad operare. E’ un progetto che avanza e che, però, vuole migliorarsi ancora: anche per questo, stiamo ostinatamente ripensando alla creazione di un circuito jazzistico che colleghi le diverse realtà pugliesi. Ma, prima di ogni altra cosa, ci impegnamo a pensare ad una musica che sappia guardare al di là dell’occasione episodica, del concerto fine a se stesso».
Bari in Jazz 2009, peraltro, trascina con sé un tema conduttore (”Il Sacro ed il Profano”) che implica impegno e attenzione: nella ricerca delle proposte musicali e nella tessitura della trama di una manifestazione che tende a scavalcare il concetto di già visto e sentito. O, meglio, di scontato. “Il Sacro ed il Profano”, cioè una traccia che bene si integra con la decisione di utilizzare, per l’occasione, alcuni luoghi di indubbia suggestione come due chiese (di Sant’Anna e di San Giacomo) della città vecchia e che istruisce la strada della seconda serata del cartellone, aperta da “Suoni Sacri”, performance multietnica e multireligiosa dell’Ottonando Brass Ensemble di Mino Lacirignola, dove culture e riti apparentemente lontani tra loro trovano identica dignità. Alla quale, a seguire, si accoda l’omaggio di Lisa Manosperti, del pianista tranese Davide Santorsola, della violoncellista Giovanna Buccarella e di Javier Girotto ad Edith Piaf, lavoro – del resto – già confluito due anni addietro in un disco.
La testimonianza di Furio Di Castri, personaggio di culto e leader della formazione che inaugura la sequenza di live nel Cortile del Castello Svevo, è invece un agile happening di prime firme (Tamburini, Negri, Marcotulli, Lee e Alluche) tra incursioni elettroniche e buon umore. L’ensemble si agita attorno alle figure e alla filosofia di due autori visionari, ancorchè distanti tra loro, come Thelonius Monk e Frank Zappa, musicisti che - per pubblica ammissione – hanno influenzato l’attività e il pensiero del contrabbassista milanese. «Ma Bari in Jazz – spiega Ottaviano – chiede ai propri ospiti linguaggi e situazioni particolari. E, soprattutto, pretende artisti che, musicalmente, non vogliono adagiarsi». “Zapping”, allora, diventa un concerto itinerante, all’interno della struttura del festival, che – a seguire – propone al pubblico della terza serata “Megalitico”, progetto ben congegnato dal sardo Gavino Murgia, che può appoggiarsi su delle sonorità articolate, ma ben amalgamate, e peraltro già sperimentato nella scorsa estate dal Locus Festival di Locorotondo.
Infine, la quarta ed ultima tappa riserva altre tre situazioni diverse: prima si esibisce l’Arundo Donax, quartetto di sassofoni asciutto che punta sulla varietà dei timbri, sulle sfumature e sui colori. Poi, nuovamente al Castello Svevo, l’attesissima tromba di Tom Harrell distribuisce eleganza ed atmosfere, perfettamente suffragate da un quartetto di alta pulizia interpretativa e da una scelta di repertorio assolutamente indovinata e, perciò, gradita in platea. Quindi, prima che si riversi il temporale, minaccia costante dellaa manifestazione intera, ecco la frenetica orgia di suoni del clarinettista bulgaro Ivo Papasov e del suo gruppo, ancora sufficientementi legati alla tradizione della propria gente e del proprio Paese. Dove la musica da matrimonio (e, quando occorre, da funerale) mantengono uno spessore sociale e musicale particolarmente alto. E dove, appunto, sacro e profano si sovrappongono. «Esattamente quello che volevamo vedere e ascoltare – analizza Roberto Ottaviano - . Un messaggio che la gente, rispondendo con la propria presenza, ha mostrato di apprezzare. Apprezzando, di conseguenza, il nostro sforzo». Un messaggio che incoraggia a rinnovare l’impegno, l’anno prossimo. Anzi, prima: perché sta arrivando Bari in Jazz Winter, già ad ottobre, nel nuovo teatro di Telebari. Ma, adesso, è presto per approfondire il discorso. Arriverà l’occasione, più avanti.

Bari in Jazz 2009

Gianna Montecalvo (voce), Lisa Manosperti (voce), Rossella Antonacci (voce), Stefano Luigi Mangia (voce), Giorgio Valerio (voce), Pasquale Gadaleta (contrabbasso) & Maurizio Lampugnani (percussioni) in “Sussurri”
Bari, Chiesa di Sant’Anna
23.06.2009

Luca Aquino Quartet (Luca Aquino: tromba; Giovanni Francesca: chitarra elettrica; Marco Bardoscia: contrabbasso; Gianluca Brugnano: batteria) in “Lunaria”
Bari, Auditorium Diocesano Vallisa
23.06.2009

Ottonando Brass Ensemble (Mino Lacirignola: tromba e cornetta; Giovanna Bianchi: tromba; Donato Semeraro: corno; Giuseppe Zizzi: trombone; Domenico Zizzi: tuba)
Bari, Chiesa di Sant’Anna
24.06.2009

Lisa Manosperti (voce), Davide Santorsola (pianoforte) & Giovanna Buccarella (violoncello) in “La Foule – Omaggio ad Edith Piaf”. Guest Javier Girotto (sassofoni)
Bari, Auditorium Diocesano Vallisa
24.06.2009

Furio Di Castri (contrabbasso), Nguyen Lee (chitarre), Rita Marcotulli (piano e tastiere), Marco Tamburini (tromba e flicorno), Mauro Negri (sax alto e clarinetto) & Joel Alluche (batteria) in “Zapping”
Bari, Cortile del Castello Svevo
25.06.2009

Gavino Murgia Quintet (Gavino Murgia: voce e sax soprano; Michel Godard: tuba e serpent; Luciano Biondini: accordeon; Francois Tortiller: vibes e marimba; Pietro Iodice: batteria) in “Megalitico”.
Bari, Cortile del Castello Svevo
25.06.2009

Arundo Donax Sax Quartet (Pasquale Laino: sax soprano; Pietro Tonolo: sax alto; Mario Raia: sax tenore; Rossano Emili: sax baritono)
Bari, Chiesa di San Giacomo
26.06.2009

Tom Harrell Quintet (Tom Harrell: tromba e flicorno; Wayne Escoffery: sax tenore; Danny Grissett: piano; Ugonna Ukegwo: contrabbasso; Johnathan Blake: batteria)
Bari, Cortile del Castello Svevo
26.06.2009

Ivo Papasov Band (Ivo Papasov: clarinetto; Maria Karafizieva: voce; Matjo Dobrev: kaval; Nesho Neshev: fisarmonica; Ateshhan Yousseinov: chitarra; Vasil Denev: tastiera e gadulka; Salif Alì: batteria)
Bari, Chiesa di San Giacomo
25.06.2009
Bari, Cortile del Castello Svevo
26.06.2009

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)

venerdì 12 giugno 2009

Multiculturita 2009, due set per cominciare

Multiculturita è un summer festival che si conferma. Malgrado le insidie di questi tempi avversati dalla recessione. E che si amplia, geograficamente. Allargandosi, cioè, a Casamasima e Valenzano, in due distinte location di fascino che si aggiungono a quella – già ampiamente testata – del piazzale antistante la Reale Basilica di Capurso, dove la rassegna (alla settima edizione) è nata e cresciuta, conquistando nel tempo consensi e visibilità. Cioè apprezzamenti del pubblico ed adesioni (persino pregiate) di personalità consolidate nel panorama jazzistico nazionale e, spesso, anche internazionale. Si amplia, Multiculturita: se non per dispetto, per esigenza. Perché, scavando nel giardino delle motivazioni, il buon umore si sgonfia. Come spiega il líder máximo del progetto, un polemico (meglio: avvelenato) Michele Laricchia: «Capurso, evidentemente, non possiede spazi e argomenti da dedicare alla cultura e alla gente. Le amministrazioni cambiano, ma a noi non pensa nessuno. Logico, allora, guardare anche altrove. A Casamassima e Valenzano, per esempio. Il problema, alle nostre latitudini, è la volontà politica. E, badate bene, il marchio Multiculturita non ha nulla a che vedere con maggioranza o opposizioni. A noi piace offrire musica, al di là di chi ci governa. E questa nuova avventura è un ulteriore sforzo dell’associazione Porta del Lago, che mantiene un impegno ormai tradizionale senza il sostegno della politica cittadina».
Il festival, oltre tutto, corregge il proprio format. Questa volta si parte un po’ prima, nella prima metà di giugno, con un’anticipazione robusta, ovvero con un doppio live all’interno del Chiostro della Reale Basilica. Un doppio live che serve da prologo pubblicitario, innanzi tutto. «La scelta è precisa – spiega Laricchia - : meglio risparmiare sul materiale divulgativo, come la cartellonistica, ed investire maggiormente sulla musica. Offrendo praticamente un appuntamento in più, utile anche e soprattutto a presentare ufficialmente il cartellone programmato per luglio, periodo nel quale ospiteremo l’ensemble di Mino Lacirignola, i Quintorigo e Luisa Cottifogli (il 2, ndi), il quartetto capitanato da Vito Di Modugno (giorno 8, ndi), il Mina Agossi Trio (il 14, ndi) e il sestetto del cubano Arturo Sandoval (è l’evento certamente più atteso, previsto per il 21, ndi)». E la prima, sia detto sùbito, non è affatto male. Tutt’altro. Perché si dividono il palco un protagonista rampante della scena pugliese (il pianista Livio Minafra, miglior giovane talento jazz per il 2008, ormai destinato ad un percorso artistico di spessore, sovvenzionato com’è da creatività e copertura mediatica, che non disturba mai) e un duo di prestigio più consolidato (la voce della napoletana Maria Pia De Vito incontra il pianoforte e l’istinto del gallese Huw Warren). E la miscela è una serata attraversata da tonalità, colori, vivacità e intuizioni.
Minafra, ovviamente, spende l’esibizione per pubblicizzare un lavoro dell’anno scorso, che vanta già vernissage distribuiti un po’ ovunque, «La Fiamma e il Cristallo», disco in cui il musicista ruvese debutta nel ruolo di solista. Ventisette anni, parola facile e atteggiamento informale: il ragazzo sa approcciare con la gente e utilizza la personalità di cui dispone, senza filtrarla. Il suo pianismo è moderno, fresco, ironico, istrionico. Naviga tra ritmi incalzanti e scale armoniche accattivanti. Non inventa niente, ma ha imparato a gestire bene il rapporto con la platea. Limando alcune forzature del passato, probabilmente. E ricordando, da questo punto di vista, il più navigato Allevi. Del quale, sicuramente, possiede più sfrontatezza. E maggior naturalezza. «Volevo diventare un batterista, poi mi hanno messo a suonare il pianoforte e mi sono adattato», dice. «Provo attrazione per i Balcani (l’esperienza formativa alla ledership della Municipale Balcanica è un ricordo piacevole, ndi), ma anche per l’Africa e qualche altro angolo del pianeta, come la Turchia». “Bulgaria”, invece, è un pezzo che si avvale della collaborazione (simpaticamente estorta) di un ascoltatore scelto tra il pubblico, che deve disporre sulle corde del piano, ad esecuzione in corso, oggetti che contribuiscono ad arricchire la melodia. Dopo tutto, la musica è leggerezza, allegria.
Secondo set, altra scena. La voce duttile di Maria Pia De Vito e l’improvvisazione serrata del piano di Huw Warren interagiscono in un repertorio gravido di orpelli e di slanci un po’ naif, ma di assoluta brillantezza interpretativa. «Diàlektos», la loro recente produzione discografica, sa gradevolmente spartirsi tra Napoli e il Brasile, tra una poesia (opportunamente musicata) del principe De Curtis, uno spartito firmato da Rita Marcotulli (“Miguelim”), l’immensa Beatriz (di Edu Lobo e Chico Buarque, ma interpretata da Milton Nascimento ne «O Grande Circo Místico») e altre cose ancora. «Diàlektos – sottolinea la vocalist partenopea – è la lingua specifica di ogni popolo, ma significa anche dialogo, conversazione, articolazione della parola. Per noi, però, significa anche improvvisazione». Ovvero, il segno distintivo di un progetto nato su Myspace. O quasi. «E sì, perché io e Huw ci siamo incontrati un paio di anni fa, dopo esserci scambiati opinioni e complimenti sulla strada virtuale del web. Anzi, proprio su Myspace ho ascoltato la sua musica, che mi ha immediatamente rapita. A quel punto, dopo aver ricevuto un invito in Inghilterra, al festival di Appleby, mi sono presentata al suo fianco». Ben fatto. E approvato.

Livio Minafra (pianoforte)

Maria Pia De Vito (vce) & Huw Warren (pianoforte)

Capurso, Chiostro della Reale Basilica
Multiculturita Summer Festival 2009

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)