martedì 20 aprile 2010

Márcio Rangel, um cara gozador


Márcio Rangel, all’Italia, si è abituato. E, in Italia, dice di trovarsi bene. Anzi, benissimo. Non è affatto cattiva, peraltro, la sua scelta di vita: che, poi, è Monteriggioni, nel pieno della campagna senese, dove arte, cultura, vino e sapori si confondono all’ombra del castello. Scelta di vita che, alla fine, finisce per condire la passione per la chitarra, cioè la causa del trasferimento transoceanico. E sì, perché Márcio arriva da lontano: Mossoró, poco meno di trecento chilometri dalla meglio conosciuta Natal. Rio Grande do Norte, dunque. Nordest del Brasile, quindi. Il ragazzo (trentasei anni a novembre) conserva però tutta la solarità e la facilità di socializzare della gente della sua terra. Vero e proprio marchio di fabbrica di chi arriva da certe latitudini: perché, come scriveva e cantava Vinícius de Moraes, la vita (e, certo, anche e soprattutto la musica) è arte dell’incontro. A vederlo, comunque, sembra anche più giovane di quello che è. E, tra una frase in italiano e una in portoghese, non nasconde per niente tutto il suo entusiasmo: per le sette note, per il suo Paese, per quello che lo ha accolto, per la cultura musicale sudamericana e per gli spartiti che fa ruotare sul palco.
Márcio ama la propria musica. E ha deciso di pubblicizzarla un po’ ovunque: nasce così il tour di quattro giorni consumato in Puglia, esattamente a metà aprile. Dove, magari, attendeva di incrociare la primavera. E dove, invece, si è scontrato con scirocco e nebbia. Quattro giorni pieni: di nuove conoscenze e di nuove esperienze (a Martina, nella cornice dell’ospitalissimo Engine Club, si è misurato al fianco di un contrabbassista rampante come Camillo Pace, frutto autoctono di quest’angolo di Eurpoa dove le sonorità continuano a girare, malgrado tutto). E di situazioni anche intriganti, per un musicista (pensiamo alla Saletta della Cultura di Novoli o al Club 1799 di Acquaviva delle Fonti). O particolari: come il Circolo Pivot, sistemato in un palazzotto ottocentesco, nel centro storico di Castellana Grotte. Quattro giorni, ovviamente, dedicati alle tonalità del suo Brasile. Riarrangiate dalla sua chitarra contromano (spieghiamo: Márcio è mancino, ma suona lo strumento come un destrorso qualsiasi, però invertendo e, talvolta, inventando a proprio consumo e beneficio metodi di esecuzione), oppure assolutamente originali.
Mestre Rangel interpreta, ma – soprattutto – compone. Seguendo il proprio istinto. Che molto attinge dallo choro (si pronuncia sciòru, e arriva dall’area – diciamo così – erudita del panorama musicale brasiliano), ma anche dal baião e dallo xaxado (ritmi nordestini cugini tra loro, come affermava Luíz Gonzaga), senza rinunciare ad un pizzico di bossa, che fa particolarmente felici gli italiani. Tanta roba sua, allora, e pure qualche cover, ma senza abbondare: anche perché è difficile sgravarsi dalla responsabilità di non deludere troppo chi attende di ascoltare temi ormai familiari. Che la gente pretende di ritrovare, quando un artista brasiliano calca gli italici palcoscenici. «Chiedono determinati pezzi, che poi sono sempre gli stessi: e si meravigliano, se non li esegui. Bisogna venire incontro al pubblico, certe volte», chiosa divertito il chitarrista potiguar. Escogitando, con malizia da veterano spolverata di simpatia, soluzioni comode: in alcuni casi, cioè, propone composizioni proprie, annunciate invece come produzione dei nomi più gettonati. E il problema è risolto, tra la soddisfazione generale.
«Del resto, ho l’esigenza di far conoscere la mia musica. Che è il mio modo di pensare, di intendere quest’arte», confessa. Una musica che, tuttavia, non tradisce mai le tradizioni della sua terra e che svela il lavoro – anche di ricerca – speso in ogni spartito, in ogni accordo, in ogni arrangiamento. Lavoro, a volte, speziato, ricercato. Niente affatto commerciale, per capirci. Né banale: neppure quando rischia le note di “Asa Branca” e “Wave”, due classici universalmente incisi, da sempre, dentro e fuori il Brasile. E che Márcio adotta dal vivo, dopo averli riuniti (con brani originali come “Primo Volo”, “Verde Encanto”, “Fuga do Palhaço” e “Xaxado” e con “Gabrielas” di Dory Caimmi) in Palavras do Som, cd uscito nel 2002. Facendosi accompagnare, oltre che dalla chitarra, dalla fedele loop station, un tributo alla modernità e alla varietà dei suoni. E anche allo spettacolo: come quando, a Novoli, lascia il palco. Mentre la scatola magica continua a dettare i suoi tempi e i suoi ritmi registrati con il pedale. Márcio Rangel, um cara gozador.

Márcio Rangel (chitarra e loop station)

Martina Franca (TA), Engine Club Music Hall (con Camillo Pace al contrabbasso), 15.04.2010
Novoli (LE), Saletta della Cultura “Gregorio Vetrugno”, Tele e Ragnatele 2010, 16.04.2010
Castellana Grotte (BA), Circolo Pivot, 17.04.2010
Acquaviva delle Fonti (BA), Club 1799, 18.04.2010

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)