sabato 26 maggio 2012

La strada nuova di Davide Berardi



Le prime e neppure lontane esperienze, sul filo della musica popolare, gli servono ancora. Perchè, di fatto, non ha mai tranciato definitivamente ogni contatto con quell'universo terragno e verace di versi e accordi. Perchè le radici (artistiche, ma non solo quelle) sono una condizione naturale, da cui è disagevole allontanarsi. E poi perchè i chilometri condivisi prima con i Cantinaria e, successivamente, con gli Appia Folk Ensemble e, perchè no, anche quelli con gli Elfolk sono un patrimonio personale spesso e denso, cioè indelebile. Ma Davide Berardi, oggi, rincorre le strofe più variegate, gli umori e i sapori più affettati della canzone d'autore. Di altrui produzione (è passato per la rivisitazione dell'opera di istituzioni autentiche quali De Andrè, Gaber e Modugno), ma anche assolutamente originale. Giocando, magari, sempre sul confine immaginario che separa quello che è stato (i vecchi progetti che lo hanno formato e incoraggiato) da quello che sarà (il suo nuovo itinerario musicale). Perchè ad attenderlo dietro la curva c'è la strada del cantautorato: questo è chiaro, ormai.
Il ragazzo, martinese di origine e crispianese di adozione, si è peraltro affinato, con il tempo. Dotandosi di coordinate. Scegliendo il proprio corso. Provando a metterci sempre di più del proprio. A concedersi il piacere di scrivere, di creare. L'album Cantinaria (2008) fu, del resto, un primo passo ricognitivo: ancora in bilico tra la popolare e la cantautorale, in verità. Che, però, già lasciava immaginare l'evoluzione di un chitarrista che si accompagna con la voce. Ma Chi Si Accontenta Muore, appena prodotto da Corte dei Miracoli, licenziato dall'etichetta Free-D Music e sostenuto da Puglia Sounds, è a tutti gli effetti il primo disco marchiato dal nuovo indirizzo artistico. E che ovviamente si allontana, nello spirito e nei contenuti, da Balla Ancora, una raccolta di brani della tradizione selezionati nel 2011, rigorosamente live, che costituiscono un vero e prorpio diario di viaggio intrapreso con gli Appia Folk. Un rigurgito della vita precedente, ecco.
Chi Si Accontenta Muore, dieci tracce che verranno peraltro presentate ufficialmente, per la prima volta, in un live organizzato alla Masseria Sant'Elia, nelle campagne comprese tra Martina e Locorotondo, è un lavoro che mescola un po' di ballate, qualche testo di vasto respiro e anche tre pezzi, diciamo così, parzialmente dialettali. E' il caso di "Mia Terra", un viaggio in treno sulla strada del ritorno, destinazione sud, di "L'Amore di Lunetta" e, infine, di una storia di cafoni fuorilegge come "Lu Brigante", frutto di un'idea probabilmente già abbastanza sfruttata dalla musica italiana che insegue la tradizione, ma ugualmente godibile e snella. Sullo sfondo, qua e là, varia umanità, storie di vincenti e perdenti e, infine, un omaggio al Brasile: "Copo e Cristal" ("Bicchiere e Cristallo"), che l'autore confessa di amare profondamente, è un testo che naviga tra l'italiano e il portoghese e che racconta di un sogno vero, perfettamente aderente alla realtà personale di Davide Berardi. Assistito, in sala di incisione, dal chitarrista Antonello D'Urso (che cura anche gli arrangiamenti con Vince Pastano), dal bassista Mino Indraccolo, dal fisarmonicista Giancarlo Pagliara (pure al piano, per l'occasione), da Bruno Galeone  (fisarmonica), da Francesco Ferrara (ai fiati) e dal batterista Francesco D'Amicis. In soccorso dei quali, peraltro, spuntano le incursioni di Eugenio Bennato, Roy Paci, Mario Rosini, Camillo Pace e Fabrizio Luca.
Davide (che, sarà utile sottolinearlo, vanta pure qualche esperienza teatrale: con Raffaele Zanframundo in Mondo G, un tributo a Gaber, con il fratello Gianfranco Berardi in Io Provo a Volare, un testo che si accompagna ai classici di Modugno, e con Rita Greco in Io Cammino) cerca una postura, una collocazione tutta sua. Rifacendosi ai miti del suo nuovo mondo. Rubacchiando idealmente (non è un reato) qualche tonalità (o, semplicemente, qualche timbro) a Faber e a altre figure di primo livello, se non ci siamo sbagliati. Quella che esce, comunque, è una manciata di composizioni sufficientemente ispirate, intelligenti. Come, ad esempio, "Cinque Minuti", "Senza Dire Niente", "Il Filo", "Cento e Mille", la divertita "Addio del Celibe" o la stessa "Ninnarella". Concepito tra la Puglia e l'Emilia, Chi Si Accontenta Muore sembra però un disco già maturo. Che incuriosisce anche per quel titolo ironico, che tanto ironico - in fondo - non è. «Accontentandosi sempre, si rischia di perdere la soglia minima garantita», chiosa l'autore. «In un momento in cui il Paese è sull'orlo del burrone, peraltro. Anzi: accontentandosi sempre, si rischia di morire prima del tempo». Già. Meglio pretendere, allora. Da se stessi, per cominciare.

Chi Si Accontenta Muore (Free-D Music, maggio 2012)
Davide Berardi (voce e chitarra), Antonello D'Urso (chitarra), Vince Pastano (chitarra), Mino Indraccolo (bassi), Giancarlo Pagliara (fisarmonica e piano), Bruno Galeone (fisarmonica), Francesco Ferrara (fiati) & Francesco D'Amicis (batteria e percussioni). Guest Eugenio Bennato (chitarra), Roy Paci (tromba), Mario Rosini (piano), Camillo Pace (contrabbasso) e Fabrizio Luca