domenica 11 agosto 2013

Il Brasile del Locus

Il fascino del nome, quello di Jaques Morelenbaum, è molto più che sufficiente per invogliare appassionati, musicisti e un pubblico più vasto a riempire la piazza. Che, in questi giorni di estate piena, si affolla peraltro assai facilmente. Il violoncellista carioca è un cult: per aver assistito, in sala di registrazione e sul palco, gente come Tom Jobim, Caetano Veloso, Milton Nascimento, altri big della scena brasiliana, la fadista Mariza e, particolare che gli ha assicurato notorietà senza confini, pure Sakamoto. Tutte notizie, queste, che si incontrano automaticamente nelle biografie replicate della rete e nelle presentazioni che precedono il concerto. Ma che servono, se non altro, a limitare l’introduzione e a guardare oltre. E, cioè, al live del suo trio, il Cello Samba, integrato dalla performance di Paula Morelenbaum, ex corista del già citato Jobim, vocalist ancora assai ancorata alla bossa universalmente più conosciuta e, contemporaneamente, compagna di vita dello stesso Jaques. Esibizione dal vivo che, per inciso, il dieci agosto ha chiuso la nona edizione del Locus Festival di Locorotondo e, di conseguenza, anche la tregiorni dedicata dalla rassegna firmata Bass Culture alle sonorità che arrivano dal Brasile, ultima tranche di un percorso fratturatosi in tre differenti momenti. E che, prima, ha toccato il pop, il soul e le sue derivazioni (con Cody Chesnutt, Robert Glasper e Peter Cincotti) e, successivamente, il jazz più o meno contaminato (con Fresu, Ferra e i Locomotive e il trio di Joe Barbieri, di cui abbiamo già parlato in un post precedente).
Morelembaum, giunto per entrare compiutamente nei dettagli, è esattamente l’artista di qualità che ci saremmo attesi di ascoltare: asciutto, versatile, inappuntabile. Ci sono, poi, gli ingredienti per un grande concerto: spartiti ben eseguiti, arrangiamenti sicuri e talvolta ricercati, ma sempre agili, mestiere consumato e ottimi punti di appoggio, come il chitarrista Lula Galvão, brasiliense che risiede a Rio e che segue il front man da diversi anni, e il misurato batterista carioca Rafael Barata. Il trio apre con un superclassico (“Samba de uma Nota Só”), ma si avventura felicemente anche attraverso composizioni, diciamo così, meno commerciali (“Avarandado” di João Donato è un esempio). Toccando, per la cronaca, anche il repertorio di Gilberto Gil , con la più conosciuta “Eu Vim da Bahia”, e abbracciando il gusto dell’autocelebrazione (in scaletta anche un brano scritto dal violoncellista fluminense). L’ingresso sul palcoscenico di Paula Morelenbaum, di cui già ricordavamo un’esibizione difettosa a Conversano, un paio di anni fa, decurta però un po’ di originalità e atmosfera, consegnando alla serata un repertorio abbastanza convenzionale e sfruttato, sempre ben confezionato (su quello, non si discute neanche, ci mancherebbe), ma prevedibile e – purtroppo - anche previsto. E sul quale, in definitiva, preferiamo glissare. Da promettente, in sostanza, la serata si riscopre vagamente incompiuta: e il dato, sinceramente, addolora. Ma tant’è: la gente, in platea, si diverte e, evidentemente, il problema è di chi, come noi, pronuncia un altro alfabeto. Amen.
Decisamente meno ovvio e stereotipato e, dunque, più intrigante dal punto di vista della proposta (ma anche meno pubblicizzato: un vero delitto) è, invece, il live centrale della sera precedente (abbiamo, del resto, già parlato dei tre giorni dedicati al più grande paese sudamericano), in cui Bianca Gismonti e Cláudia Castelo Branco, due espressioni della giovane guardia brasiliana, interagiscono e si completano dietro due pianoforti, uno sistemato di fronte all’altro. Il Duo Gisbranco è un’ottima intuizione del Locus: sono sobrie, ma vivaci. Ed eleganti, ma senza esagerare. Le tastiere colloquiano tra loro, senza sfidarsi. E, soprattutto, il repertorio soddisfa il palato: si transita da Toninho Horta a Baden Powell (bella la versione di “Deixa”), dalle composizioni originali (“Serra do Céu” è un prodotto della collaborazione tra Cláudia Castelo Branco e Marcos Campello) a quelle di Ernesto Nazareth ed Edu Lobo (intrigante la rilettura di “Pontéio”), passando anche per “Festa do Carmo”, scritta dall’immenso Egberto Gismonti che, poi, altri non è che il padre della stessa Bianca. In tutto, tre quarti d’ora di note delicate, ma anche spesse, supportate da una scenografia lieve e dalla freschezza delle protagoniste, che a metà del cammino si alzano e si scambiano gli strumenti.
E, infine, ci sembra doveroso anche ricordare lo spazio ritagliato dal Locus alla musica di Os Argonautas, quintetto barese che, in pratica, apre la strada al concerto del Duo Gisbranco. La voce di Federica D’Agostino, le chitarre di Domenico Lopez e Giulio Vinci, il contrabbasso di Alex Mazzacane e la fisarmonica e la batteria di Giovanni Chiapparino fluttuano tra le note della musica brasiliana d’autore (ecco, ad esempio, “O Quereres” e “Os Argonautas” di Caetano Veloso e “Sinhazinha” di Guinga), di quella popolare (spunta l’antico tema di “Peixinhos do Mar”), delle composizioni originali (una bossa e due fado pensati da Giovanni Chiapparino), del fado della casa madre (e qui si emigra in Portogallo, con “Alfama” dei Madredeus e “Rosa Branca”) e della morna di Capo Verde (c’è tempo per una composizione targata Cesária Evora). Il gruppo, che assai bene si è comportato nell’ultima edizione del Multicultura Festival di Recanati, possiede l’intelligenza di progettare un repertorio lontano da quelli più scontati, concedendo momenti anche raffinati. Anche per i timbri e i colori della sua vocalist, evidentemente cresciuta e modellata attorno alla figura di Teresa Salgueiro, che talvolta ricorda (e, non a caso, Federica D’Agostino sembra più a suo agio con il portoghese del Portogallo, piuttosto che con quello parlato in Brasile). Agli Argonautas, in definitiva, non sembra mancare il gusto per la ricerca: e questo è confortante, soprattutto di questi tempi, in cui persino profili musicali più solidi e rispettati si concedono sempre più facilmente al richiamo della commercializzazione e, quindi, dell’appiattimento artistico.

Locus Festival 2013
Locorotondo (BA), piazza Aldo Moro