giovedì 14 febbraio 2013

Blue from Heaven, musica da sognare

«C'è musica che fa godere, musica che fa ballare e c'è musica che fa sognare. E, d'altra parte, la caratteristica di far chiudere gli occhi all'ascoltatore e di consentirgli di andare altrove con la mente, di fargli vivere persino vite mai vissute, trasferendolo in mondi lontani dal qui e ora, è una delle tante funzioni della musica». Pierluigi Balducci è autore attento ai particolari, ai dettagli. Interpreta (e scrive) note non convenzionali, puntando sulle suggestioni. Consapevole com'è che l'ascolto è cosa seria. E non solo un argomento commerciale. Possiede, poi un background solido. E solidi principi: anche al di fuori dell'universo delle sette note. Non gli manca neppure il vocabolario per esprimersi. E, anche al primo incontro, vicino o lontano dal palcoscenico, offre l'impressione di quello che, in realtà, è: un musicista che guarda anche oltre il proprio orizzonte, oltre la musica.
Blue from Heaven è il suo secondo disco da leader. Pubblicato dall'etichetta leccese Dodicilune, circola dal trenta novembre e riunisce otto situazioni: tutte originali, fatta eccezione per "Unrequired" di Brad Meldhau e "Our Spanish Love Song" di Charlie Haden. «Completando la composizione dei brani, mi rendevo conto che il lavoro, con il quartetto assemblato, avrebbe avuto una cifra molto visionaria e evocativa. Per questo ho scelto come titolo dell'intero album quello di una singola traccia, "Blue from Heaven", che da solo esprime meglio questa caratteristica del disco. Il che, ovviamente, non significa che manchi la componente ritmica». Il bassista pugliese (coratino, per essere precisi) si era peraltro affezionato al tango, ultimamente. Anzi, al nuovo tango: condiviso con un gruppo ormai ben definito che si nutre di una propria storia, di un proprio percorso e di collaborazioni pregiate. Ma non si è mai dimenticato delle sonorità più jazzistiche, con cui si è formato, si è evoluto e ha convissuto a lungo.
«Questo disco nasce per una formazione più consueta, più standard: la presenza di batteria, sax soprano e piano dà al quartetto una connotazione più canonica, rispetto alle mie precedenti formazioni, da considerare più cameristiche, prive di batteria e supportate da strumenti poco frequenti nel jazz, quali la fisarmonica e il violino. Nello stesso tempo, era mio desiderio misurarmi, all'insegna della continuità, con il mio consueto approccio compositivo, che da sempre privilegia un equilibrio più europeo tra scrittura e improvvisazione e che mi porta spesso a concepire composizioni di ampio respiro, nelle quali gli spazi scritti e o arrangiati e le sezioni improvvisate abbiano pari dignità e si asservano entrambe alla composizione. Potrei dire che in Blue from Heaven ho avuto modo di applicare ad un organico molto più tradizionale la mia idea della composizione jazz, sperimentata a lungo su organici atipici. E sono soddisfatto del risultato. Risultato che non sarebbe ovviamente mai arrivato, se non avessi avuto il supporto, concreto e morale, della Dodicilune e del progetto Puglia Sounds, che ha contribuito in parte alla promozione del cd».
Visionario, sì. Ma anche di largo respiro. Blue from Heaven prova ad accostare le atmosfere andaluse di "The Light of Seville" a quelle ormai lontane di "Fin de Siècle" e a quelle più romantiche di "The Sky over Skye". Mentre "L'Equilibrista", in un certo modo preceduta dalle note di "Introduction", è una ballad ben riuscita. E "Life in Three Sketches" è, come dice il titolo stesso, una composizione che si divide in tre diversi momenti tematici. Tracce in cui i suoi compagni di spartito offrono un contributo denso, decisivo. «Ho voluto coinvolgere nel quartetto - spiega Balducci - due musicisti che hanno avuto una grande influenza sulla mia formazione e che ho sempre considerato dei maestri indiscussi. Il fatto che la cosa sia andata in porto e che, tra pochi mesi, porterò la stessa formazione in concerto, costituisce per me un'immensa gratificazione».
I nomi, del resto, sottintendono un curriculum niente male. «Paul McCandless, storico co-leader degli Oregon che, da giovane, ho divorato, ha un approccio armonico all'improvvisazione molto simile al mio, un'eleganza timbrica come pochi e una cantabilità che nasce dalla sua grande consapevolezza armonica. Lo sento davvero come un padre, musicalmente parlando. Inoltre, suonando l'oboe, in alcuni brani conferisce al lavoro una connotazione timbrica molto vicina al mondo classico, cosa che a me è davvero molto congeniale e vicina. Chi, peraltro, ha ascoltato il mio precedente lavoro, Stupor Mundi, sa bene quanto la tradizione classica sia viva e presente in me. John Taylor, poi, è considerato uno dei maestri indiscussi del piano jazz in Europa: è una personalità aperta e unica, un gigante di cui è quasi superfluo parlare. La sensibilità con cui ha approcciato le mie composizioni, peraltro, è stata per me commovente. L'organico, quindi, si completa con un batterista e un percussionista dalla personalità straordinaria, fuori dal comune: Michele Rabbia, che nel quartetto interpreta un ruolo certamente più tradizionale rispetto a quello è solito fare, ad esempio, con Stefano Battaglia. In questo progetto, infatti, Michele suona essenzialmente la batteria, forte del suo gran bel tiro e di una spiritualità tutta sua».

Blue from Heaven (Dodicilune, novembre 2012)
Pierluigi Balducci (basso), John Taylor (pianoforte), Paul McCandless (fiati) & Michele Rabbia (batteria e percussioni)

venerdì 1 febbraio 2013

Il ritorno di Accardi, tra sospiri e sussurri

Arcoiris è l'opera prima: pensata, studiata e perfezionata negli anni. Partorita tra la Francia e l'Italia. Un'idea di partenza, diventata disco lentamente. Whispers, invece, è la continuazione di un progetto. La sintesi di un processo, intimo e creativo, del musicista ormai rientrato stabilmente dentro i confini nazionali. Una produzione, di sicuro, più rapida. Ma, non per questo, meno curata. O più sbrigativa. E una postproduzione più esigente. Il nuovo album di Fabio Accardi, batterista che ama anche la scrittura musicale, parte tuttavia dalla certezza di un'etichetta discografica: la sua. Mordente Records, del resto, nacque anche per l'esigenza di individuare un'etichetta su misura: in corrispondenza, praticamente, di quel primo cd che faticava a trovare una casa confortevole.
Whispers, peraltro, è un disco ancora giovanissimo, perchè commercializzato lo scorso 29 novembre e presentato ufficialmente quasi un mese dopo, sul palcoscenico del Teatro Forma di Bari. Dove, assieme all'autore, si è ritrovata la gente che lo ha assistito in sala di registrazione, quella dell'Officina Musicale di Giuseppe Mariani, a Castellana Grotte: Gaetano Partipilo (al sax), Vince Abbracciante (alla fisarmonica e al Wurlitzer), Mirko Signorile (al pianoforte), Giorgio Vendola (al contrabbasso), le vocalist Luisiana Lorusso e Serena Fortebraccio e la voce recitante dell'italoargentina Sarita Schena. Ai quali va aggiunta la presenza del foggiano Antonio Tosques, scelto nell'occasione a rappresentare la chitarra di Nando Di Modugno.
Prodotta da Gianfranco Bolena e da Rossella Giancaspero (sue sono, a proposito, le parole di "Writer Song", l'ultima traccia che si fonde con "Táctica y Estrategía" di Mario Benedetti), la seconda fatica a proprio nome di Accardi si divide in otto brani: dei quali altri quattro ("Whispers in an Autumn Rain", "Les Amours Secrèts", "Zaiana" e "Frevolidia") sono pezzi originali. A fronte, peraltro, di tre rivisitazioni: quella della dejohnettiana "Silver Hollow", di "Bodas de Sangue" (firmata dal brasiliano Marcos Valle) e di "Lília", composizione di un'altra grande figura del panorama musicale verdeoro, Milton Nascimento: a conferma dell'antica e incondizionata passione del batterista barese nei confonti delle note che arrivano dal Sudamerica. Una passione che, peraltro, si intuisce pure nella già citata "Frevolidia": il frevo è un ritmo tipico delle regioni nordestine di quel Paese.
Niente, cioè, nasce per caso. Whispers, ad esempio, in inglese significa sospiri. «Ma anche "sussurri" - aggiunge Fabio Accardi -. E' un vocabolo che rimada alla prima traccia presente nel disco, che poi indica la direzione all'intero lavoro». E che, quindi, un po' lo rappresenta. «"Whispers in a Autumn Rain" è una composizione dolce, melodicamente molto chiara e limpida. Così come l'intero lavoro è molto delicato: penso anche a brani come "Silver Hollow" e "Bodas". Ed è un brano scritto all'inizio di una relazione, mentre "Winter Song", che chiude l'album, è la fine della storia. Diciamo pure che sono questi i punti di riferimento dell'intero cd: ed è da qui che sono partito, prima di scrivere gli altri e aggiungere delle cover che reputo vicine al mood del disco: non solo dal punto di vista emotivo, ma anche da quello estestico e squisitamente sonoro. In mezzo, poi, ci sono altre suggestioni, altre esperienze: è il caso di "Zaiana" e "Les Amours Secrèts", scritti ad agosto».
Le suggestioni, ovvero il vero filo conduttore tra Arcoiris e Whispers. «Certo. In entrambi gli album c'è la stessa esigenza di tradurre in suoni determinate emozioni. Poi, Arcoiris conserva dieci anni del mio personale vissuto. E Whispers, che possiede un sound meno articolato e meno arrangiato della pubblicazione precedente, soltanto tre. Però, in questo cd l'aspetto melodico esce più nitidamente. Mentre in Arcoiris la melodia si distribuiva su più linee, che spesso e volentieri si intracciavano e sovrapponevano. Non solo: nel mio primo prodotto discografico gli spartiti sono pensati per un settetto, a parte un paio di brani. Questa volta, invece, ho scritto per vari ensemble: passando dal quartetto al settetto. Ancora: allora, gli strumenti fondamentali erano il flauto e il vibrafono, che caratterizzavano un suono molto forte e particolare. Ora, il ruolo della fisarmonica e la novità delle voci, usata in tutte le sue modalità, cioè dal vocalizzo di "Silver Hollow" e "Lília" al recitato e al cantato di "Winter Song", offrono differenti colori. In comune, piuttosto, c'è la forte influenza della musica brasiliana, che si manifesta in Arcoiris nel suoni del flauto e nelle melodie e, in Whispers, nel ritmo di "Frevolidia" e, ovviamente, nella presenza di due cover. Oppure in certi input cinematografici».
Suggestioni, dicevamo. Ed emozioni, certo. Ma anche esperienza. «Vero. Scrivere Whispers è stato piu agevole, proprio grazie all'esperienza maturata nel tempo. Arcoiris era il mio primo disco e la mia musica era più difficile nell'esecuzione; anche se è stato regisitrato in tre giorni, seguiti dai due di missaggio. Questo cd, di contro, pur essendo stato concepito nell'arco di un tempo più limitato, si appoggia su una post produzione più curata e su molte sovraincisioni».

Whispers (Mordente Records, novembre 2012)
Fabio Accardi (batteria), Mirko Signorile (pianoforte), Nando Di Modugno (citarra), Giorgio Vendola (contrabbasso), Camillo Pace (contrabbasso), Vince Abbracciante (fisarmonica e Wurlitzer). Guests Gaetano Partipilo (sassofoni), Luisiana Lorusso (voce), Serena Fortebraccio (voce) e Sarita Schena (voce recitante)